venerdì 30 gennaio 2015

dubbi sulle alleanze di Tsipras

tsipras e noi

giacomo pisani
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Tsipras non è riuscito ad ottenere la maggioranza di governo e, a tutta velocità, si è alleato con i Greci Indipendenti, partito di destra nazionalista anti-austerity.
Ora, molti sono concordi nell’affermare che, nonostante le ambiguità, sia questa l’alleanza più coerente, quella che più intimorisce la troika, l’Europa dei mercati finanziari e dell’austerity. Sappiamo bene quali sono state le ricette della troika di fronte alla crisi finanziaria: privatizzazioni, tagli al welfare e alla spesa pubblica, chiusura di scuole e ospedali. Il tutto fatto passare come una sorta di codice inespugnabile attraverso cui leggere la realtà, come lo schema in cui far tornare i conti. Non uno specifico modello di sviluppo e di conseguente risposta alla crisi, ma l’unica visione possibile della realtà, tanto da annullare spesso la dialettica politica, ritenuta nel migliore dei casi superflua, quasi sempre fonte di sprechi, furti al bene pubblico ecc. Di fronte alla necessità di far tornare i conti bastano i governi tecnici, quelli che sanno far giocare bene le categorie dei mercati finanziari per impedire di essere risucchiati dal debito e per far tornare gli stati competitivi in Europa. Noi, in Italia, abbiamo conosciuto in più forme la politica della tecnica e dell’emergenza da crisi finanziaria, e le larghe intese di Renzi sono solo l’ultima testimonianza della neutralizzazione della dialettica e dello scontro fra modi di progettare la realtà.
Di fronte a questa Europa, Syriza e i Greci Indipendenti sembrano essere una buona alternativa. Anche il partito di destra è contro la troika e l’austerity, la radicalità della proposta di Tsipras sembra salva. Eppure esistono due modi per opporsi alla troika e al pensiero calcolante che guida la razionalità dei mercati e della finanza. Esiste una visione espansiva, che rifiuta la mortificazione della dignità delle persone per rimettere al centro i bisogni, in tutta la loro molteplicità. E’ una visione che assume la complessità di una società caratterizzata oggi da una grande eterogeneità, anche a livello produttivo, e che riconosce i diritti fondamentali delle persone al di fuori delle disponibilità finanziarie. Rimette al centro le persone in carne e ossa, traducendosi in un processo costituente che ribalta la prospettiva e favorisce un adeguamento delle istituzioni ai bisogni materiali di tutte quelle soggettività eccedenti che chiedono cittadinanza, oltre le maglie dell’austerity. Sono disoccupati, lavotatori autonomi, precari, migranti, operai, studenti, lavoratori della conoscenza, ecc. Rifuggendo qualsiasi rivendicazione corporativa, una proposta politica radicale deve oggi porre la centralità dei diritti al di fuori del mercato, comprendendo quindi un welfare universale che renda tutti liberi di vivere e di autodeterminarsi. Per fare questo, deve rompere con l’assolutizzazione del privato che, in questi anni, ha legittimato l’autorità pubblica in operazioni di privatizzazione sempre più ampia, cancellazione dei beni comuni, sgomberi, sfratti, rimessa sul mercato del soddisfacimento dei diritti fondamentali. E’ necessario, dunque, garantire che l’accesso ai beni e ai servizi indispensabili alla giustiziabilità dei diritti sia strappato alla dimensione negoziale, così come il welfare e i diritti sociali. Ciò induce anche ad un ripensamento dei modelli di gestione dei beni, improntato sulla cooperazione e sulla condivisione, che costruisce in maniera inclusiva nuove istituzioni in grado di soddisfare le esigenze che maturano nel contesto sociale ed economico. La vittoria di Tsipras può portare a livello trans-nazionale il conflitto, opponendo insieme ad altri soggetti costituenti, come Podemos, un’Europa dei diritti all’Europa dei mercati.
Ma esiste anche un altro modo, diametralmente opposto, per opporsi alla troika ed invocare ugualmente l’uscita dalla crisi e dall’austerity. E’ la chiusura identitaria, il richiamo al valore delle proprie tradizioni e della propria cultura contro l’imperativo dei mercati, che mette costantemente in pericolo l’identità collettiva. In tal modo si oppone all’austerity e alle logiche della finanza una politica nazionalista, chiusa e fortemente verticista, che rimetta al centro i diritti escludenti del proprio popolo, e magari anche di una certa razza o di una certa religione. Quello dei Greci Indipendenrti è un partito conservatore, noto per le battaglie per la diffusione dei valori della Chiesa greco-ortodossa, contro i matrimoni omosessuali, nazionalista, contrario all’immigrazione e ai senzatetto. Parecchie sono le affinità con Marine Le Pen e con altri partiti di estrema destra.
Si ricorderà come anche il pensiero nazista fosse contro la tecnica e il pensiero calcolante proprio del mercato e propugnasse una valorizzazione del Geist, della storicità dello spirito tedesco. Esistono sempre due modi per ribadire la storicità delle categorie del modello economico e sociale dominante. Uno è pericolosissimo, terribile. E’ quello che assolutizza un modo di essere annullando qualsiasi apertura alla diversità. L’altro, invece, rifiuta qualsiasi visione corporativa o identitaria per fare dell’apertura all’alterità il fattore di decostruzione di qualsiasi visione assoluta. Riconoscendo la diversità, costruisce spazi comuni di relazione e di progettazione del futuro. Sono due visioni irrimediabili, che si scontrano da secoli, o forse da sempre. Non ci sono larghe intese che tengano, è la dignità di tutti contro la discriminazione e il razzismo. Ed è importante scegliere da che parte stare.
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