martedì 13 ottobre 2015

cambiare Roma:una riflessione

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Solo la Capitale può salvare Roma

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Chi può salvare Roma? Di sicuro sarebbe un grave errore affidarsi a qualche "uomo della provvidenza", ancor più a una improbabile restaurazione di vecchi baronati politici. Roma oggi può essere salvata solo dalla Capitale d'Italia. Sembrerà un sottile gioco di parole, ma alla luce di ciò che è accaduto negli ultimi anni, culminati con il prematuro epilogo dell'esperienza amministrativa di Ignazio Marino e del Partito democratico, penso sia importante riaprire una seria riflessione sulla nuova questione romana, scavando i motivi profondi della crisi amministrativa che ormai da anni paralizza la città rendendone l'amministrazione un'impresa quasi "titanica".
Ciò non vuole giustificare le colpe e le inefficienze della politica - culminate, a onor del vero, negli anni della giunta Alemanno con il sistema corrotto e consociativo venuto alla luce con l'inchiesta "Mondo di Mezzo" - ma il ruolo di Roma metropoli e capitale, nel panorama nazionale e internazionale, è oggi la madre di tutti i problemi.
Già in un intervento precedente, su questo stesso spazio, ho proposto un nuovo modello di governance per Roma, sul modello di quella di Berlino, dove ipotizzavo per la Capitale una autonomia legislativa e fiscale e poteri amministrativi connessi direttamente alla potestà legislativa. In questi mesi l'argomento è stato ripreso anche da autorevoli esponenti della politica e del diritto ed è stato oggetto di discussione anche nel Partito democratico.
Una discussione che però è stata a mio avviso limitata da una visione "romanocentrica" che ne limita enormemente l'efficacia e la fattibilità. Si può pensare a un nuovo modello amministrativo per la Capitale solo se lo si inserisce in un contesto più ampio di riforma del regionalismo italiano. Per questo ho ritenuto utile presentare una proposta di legge che riduce a 12 le regioni italiane, dando a Roma e al territorio della Città Metropolitana uno statuto autonomo. Una proposta analoga è stata depositata in Senato da Raffaele Ranucci. Penso che possa essere un punto di partenza per avviare - in questa grande stagione di riforme che sta vivendo il paese - un percorso che porti a una reale ottimizzazione delle risorse che renda più efficace il governo dei territori in tutto il paese e anche nella Capitale.
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In molti hanno erroneamente visto in questa proposta il rischio di "snaturare" le autonomie locali, unendo pezzi di territorio tra loro incompatibili. Un finto problema dato che le regioni a statuto ordinario furono di fatto istituite solo nel 1970 e non serve essere un docente di storia per sapere che in Italia le vere autonomie percepite sono i comuni e non le regioni. La proposta disegna un nuovo modello di governance, non elimina e non trasforma alcuna appartenenza territoriale, anzi tende a rafforzarle tutte. Altre critiche sono arrivate - come era prevedibile - da apparati politici locali che con una riorganizzazione e ottimizzazione delle regioni perderebbero in parte il controllo del territorio.
Ma l'esigenza di una riforma del regionalismo è ormai sentita e il forte interesse di molti presidenti di regione come Chiamparino, Zingaretti, Rossi, Bonaccini e Oliveiro verso la proposta, sono la riprova che anche chi oggi amministra le regioni sente il bisogno di nuove regole che rendano più efficace e più snella l'azione di governo.
Roma è una metropoli, è il comune più esteso e popoloso d'Italia ed essendo la Capitale è il cuore della politica e dell'economia del paese. Non può essere trattata come una qualsiasi città. Ma per dare a Roma una sua autonomia politica e finanziaria bisogna ridisegnare la "cartina" dell'Italia politica.
Le Olimpiadi, una sfida da vincere
Roma ospitò le Olimpiadi nel 1960. Nella memoria di molti italiani sono ancora vive le imprese di Livio Berruti e degli altri atleti che accesero quel grande evento. Roma fu al centro del mondo e le sue bellezze furono uno spettacolo nello spettacolo. Provammo a riportare la Fiaccola Olimpica nella capitale nel 2004. Ricordo l'esperienza che iniziò nel 1997 nel Comitato Olimpico. Eravamo una squadra fortissima, con me c'erano Pietro Calabrese, Raffaele Ranucci, Giovanni Malagò, Raffaele Pagnozzi, Novella Calligaris. Fummo battuti da un avversario interno e dal grande lavoro di lobbing della signora Anghelopulos, abile e affascinante dama della candidatura ellenica, che seppe sfruttare, grazie alla sua capacità di relazioni, il senso di colpa della comunità olimpica internazionale per lo "scippo" di Atlanta per la edizione del centenario del 1996. L'avversario interno inscenò tra le altre cose una mirata campagna di stampa che dipingeva Roma come città inaffidabile, favorendo la vittoria di Atene.
La verità è che non tutto il Sistema Italia si sentì, a torto o a ragione, pienamente coinvolto e beneficiario dei possibili utili politici ed economici dell'operazione. Oggi, grazie anche alle nuove indicazioni del CIO, la candidatura olimpica di Roma per il 2024 può assumere un respiro nazionale e meno cittadino. Riportare le Olimpiadi a Roma è - oggi più che mai - portare le Olimpiadi in Italia.
L'esperienza dell'Expo di Milano ci racconta che sia Roma che l'Italia hanno bisogno delle Olimpiadi, che sarebbero un'ulteriore occasione per modernizzare e rigenerare la città e rilanciare l'immagine dell'intera nazione in tutto il mondo. È una partita che va vinta ma va innanzitutto giocata con convinzione. Per questo trovo surreali - ancora una volta - le resistenze interne di chi trarrebbe da una sconfitta di Roma un superfluo (e momentaneo) tornaconto politico, danneggiando la Capitale e l'intera nazione per ottenerlo. Purtroppo la storia tende a ripetersi uguale a se stessa, ma questa volta il finale dovrà essere diverso.
La Capitale di nuovo al centro della politica europea
In queste ore ho presentato una mozione parlamentare per impegnare il governo a proseguire il lavoro avviato durante il semestre di Presidenza sul funzionamento delle Istituzioni, per attuare pienamente il Trattato di Lisbona e per riaprire il dibattito sulla revisione dei Trattati in vista delle scadenze del 2017. Tra le altre cose si impegna l'esecutivo ad avanzare - presso le massime istituzioni Ue - la proposta di svolgere le celebrazioni del sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma in Campidoglio il giorno 25 marzo 2017, ponendo al centro dell'evento il ruolo dell'Ue e dell'integrazione europea con particolare riguardo ai temi della crescita economica, dell'immigrazione e della sicurezza.
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Non si tratta di celebrare una semplice ricorrenza. Riportare a Roma tutti i leader del Continente in un momento così difficile per la tenuta dell'unione, in un momento in cui l'emergenza legata ai flussi migratori ha ridato fiato a movimenti xenofobi e di estrema destra, in un momento in cui c'è chi vorrebbe chiudersi ergendo muri e frontiere superate dalla storia, significa farla tornare sede naturale in cui trovare nuove ragioni di convivenza e di coesione tra gli stati.
Insomma, Roma si può salvare ripartendo da ciò che è: dal ruolo che le ha assegnato la storia da migliaia di anni. Un ruolo eterno che nessuna crisi politica, nessun degrado e nessun funerale mafioso potrà mai cancellare. Roma è la Capitale. Roma sia la Capitale.

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