mercoledì 28 ottobre 2015

consumo di suolo1

Pascale: è necessaria una normativa che limiti il consumo del suolo e riduca il rischio idrogeologico

pascaleLa qualità e la tipicità delle produzioni agricole non possono in alcun modo prescindere dal suolo e dal suo stato di salute. Il suolo, infatti, costituisce una riserva fondamentale della biodiversità e l’agricoltura è il settore produttivo più intimamente legato alla buona conservazione di questa risorsa.
Eppure, nel nostro Paese, ci troviamo di fronte a un bene comune che viene continuamente sacrificato, soprattutto attraverso politiche di cementificazione spinta in nome di un presunto sviluppo economico e demografico, generando un’espansione urbanistica oltre ogni logica e necessità abitativa. Questa tendenza ha portato l’Italia a un livello di consumo di suolo che è fra i più elevati d’Europa.
La frequenza, sempre più ravvicinata, con cui si manifestano eventi calamitosi connessi direttamente o indirettamente a un uso improprio del suolo agricolo (evitiamo perciò di chiamarle calamità naturali) dovrebbe fugare ogni dubbio sulla necessità di intervenire con politiche di salvaguardia territoriale efficaci. La devastante alluvione che ha recentemente colpito il Sannio ha messo in ginocchio popolazione e tessuto produttivo e, oltre a rendere permanentemente più fragile l’assetto idrogeologico territoriale, richiederà diversi anni prima che vengano ripristinate strutture e infrastrutture di popolazione e aziende. E anche in questo caso saranno le attività agricole a pagare il dazio più elevato.
Una normativa volta a limitare il consumo di suolo può contribuire a prevenire o a ridurre i danni provocati da nuove alluvioni. Perciò auspichiamo che il Governo proceda rapidamente con l’approvazione del disegno di legge in discussione in Parlamento da oltre un anno e mezzo. Un percorso legislativo che dovrà essere accompagnato da un percorso di sensibilizzazione delle coscienze sull’importanza della manutenzione del territorio, senza il quale diventa difficile invertire una rotta le cui conseguenze sociali, ambientali ed economiche, non sono più sostenibili.

Di
 Gaetano Pascale
g.pascale@slowfood.it
Da La Stampa, 25 ottobre 2015

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