venerdì 9 ottobre 2015

Tunisia e nobel per la pace

Nobel per la Pace alla rivoluzione democratica araba: premio al Quartetto per il dialogo tunisino

Sono 4 organizzazioni della società civile. La motivazione: «Aiuto decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista e pacifica quando il Paese era sull’orlo della guerra civile»
REUTERS

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09/10/2015
In Tunisia c’è già chi scherza scaramantico «Speriamo che il Nobel per la Pace non ci porti sfortuna». Quando toccò al presidente Obama bastarono pochi mesi perché i critici si scatenassero contro la sua incertezza in politica estera dicendo che era stato un riconoscimento affrettato. E non andò meglio all’Unione Europea, premiata nel 2012 mentre già destre e separatismi gettavano ombre cupe sul patrimonio di benessere accumulato dopo la seconda guerra mondiale. Ma è una battuta, appunto. Perché oggi i tunisini piangono di commozione. Il Nobel per la Pace al quartetto per il dialogo nazionale seguito alla “rivoluzione dei gelsomini” significa infatti che il loro sforzo per andare avanti evitando la deriva del vicino Egitto paga, che puntare su quanto unisce più che su quanto divide è un investimento, che i tristi menagrami dell’inverno islamista come unica possibile soluzione alle primavere arabe del 2011 devono fare i conti con lo sforzo titanico della società civile tunisina.  

Sembra un secolo fa quando il fruttivendolo di Mohammed Bouzazizi si dava fuoco a Sidi Bouzid per protestare contro la corruzione della polizia di Ben Ali innescando il domino delle proteste di piazza a Tunisi, Cairo, Bengasi, Sana’a, Manama, Daara e Damasco. Erano 5 anni fa, la sponda sud del mediterraneo cresceva in termini di Pil ma s’impoveriva in termini di classe media, vale a dire che i dittatori producevano benessere per le proprie cerchie ristrette e i giovani laureati (nonché connessi alla Rete globale) non avevano altra chance che emigrare. Si ribellarono quei giovani, seguendo i pionieri tunisini. E oggi che tutto sembra cambiato in peggio, loro, i pionieri, riprendono la staffetta delle umane sorti e progressive.  


Il Premio Nobel per la Pace al quartetto composto dal sindacato generale dei lavoratori Ugtt, il sindacato patronale Utica, l’Ordine degli avvocati e la Lega Tunisina per i Diritti Umani (riconosciuti in quanto «mediatori nel portare avanti il processo di sviluppo democratico tunisino»), è innanzitutto un invito a continuare così: nonostante la minaccia del terrorismo e gli attentati come quelli del museo del Bardo e di Susa, nonostante i 3000 giovani che sono andati a combattere al fianco dello Stato Islamico e gli altri che sfiduciati prendono il mare alla volta dell’Europa, nonostante l’economia ancora debole, nonostante la zavorra di una società intimamente conservatrice in cui il codice penale prevede la verifica “fisica” dell’omosessualità, nonostante la necessaria continua battaglia delle donne contro la resistenza all’emancipazione de facto. Continuate così, dicono i giurati di Oslo. Tunisini, continuate così.  

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