Possiamo costuire contesti in cui la condivisone ruba spazio alla competizione. Possiamo rallentare, sfidare velocità e profitto. Possiamo fare del conflitto uno strumento di cambiamento, imparando a gestirlo. Possiamo fare tutto questo con grandi e piccoli, creando ambienti di non giudizio, a scuola e nei territori, irridendo la retorica della meritocrazia. I laboratori e gli spettacoli di Teatro velato non sono solo divertimento, sono una palestra per sperimentare relazioni sociali diverse, sono già un modo differente di guardare il mondo. Susanna e Antonio di Teatro velato vivono nella campagna ligure: il 24 e 25 ottobre saranno a Bastia Umbra per promuovere uno dei numerosi labotatori (Corpo a corpo. Per corso per corpo) della due giorni della Rete di cooperazione educativa (leggi Scorgere qualcosa che accadrà).
di Susanna Groppello e Antonio Panella*
Teatro e persone
Ci chiamiamo Susanna Groppello e Antonio Panella. Viviamo in una casa ai bordi del bosco nell’entroterra ligure, siamo genitori di una ragazzina e di una bambina e nella vita lavoriamo facendo teatro.
Veniamo da percorsi paralleli e complementari, sia di vita che professionali. Una dalla Svizzera passando per il Cile, uno dal sud Italia fino al nord. Una lavorando nella danza, l’altro nel teatro e sul clown in ospedale con la fondazione Theodora. Abbiamo unito le forze, scambiato e condiviso le competenze e ci siamo costruiti un percorso di teatro che parte dall’incontro con l’infanzia e cerca di raggiungere le persone al di là della loro età anagrafica. Realizziamo spettacoli e laboratori teatrali, e nel momento in cui ci siamo trasferiti in campagna e siamo diventati genitori abbiamo deciso di lavorare sul territorio per non allontanarci dal piacere di crescere assieme le nostre figlie.
Così, in questi quindici anni, siamo cresciuti attraverso il nostro lavoro, cercando di creare e sviluppare relazioni che ci permettessero di incontrare bambine, bambini e adulti con i quali abbiamo avuto il privilegio di metterci in gioco attraverso il teatro. Ci siamo accorti che nel tempo la continuità del lavoro ha lasciato sul campo piccoli e grandi cambiamenti; la possibilità di ripetere i laboratori teatrali dalla prima alla quinta nell’arco di un intero ciclo scolastico porta ad ottenere maggior empatia e ascolto da parte dei ragazzi, oltre a un beneficio legato all’aumento dell’autostima e di sicurezza in sé stessi. Questi valori negli anni hanno avuto una ricaduta anche sulle famiglie dei ragazzi, come un’onda che si propaga con i suoi effetti sul territorio e nel tempo.
Condividere e rallentare
Proponiamo spunti per mettersi in gioco attraverso esercizi e giochi teatrali, dopodiché il vero lavoro è rimanere aperti, far sì che quegli spunti valorizzino e aiutino a far emergere il vissuto di ogni partecipante, prezioso nella sua unicità, che nel momento in cui esce è pronto ad incontrare l’altro come occasione di condivisone e non come competizione. Per questo anche nelle scuole il percorso non mira a far emergere il più dotato, ma a creare un ambiente di non giudizio, dove tutti possano avere il loro spazio.
Rallentare il ritmo per noi è un valore, cercare di proporre un tempo che permetta di stare nelle cose, è come se tutto fosse già presente in noi, e come se dovessimo solo cercare le tecniche che ci aprano la strada per farlo emergere. Lavorare per sottrazione e non per somma, togliere tutto ciò che nel tempo ci viene imposto (in maniera più o meno consapevole) per allontanarci dall’autenticità del nostro essere; questo è il tentativo che ci muove nel fare teatro e questo è un gioco che ha delle regole precise da rispettare, come tutti i giochi necessari per arrivare a crescere assieme.
Giocare
Una delle fortune di questo lavoro è che mentre lo realizzi impari a conoscere meglio anche te stesso. Non sempre sono rose e fiori, ma le difficoltà fanno parte della vita. I problemi più grossi spesso non riguardano il lavoro stesso, ma la possibilità di realizzarlo in un epoca che tende a valorizzare sempre di più ciò che corre, ciò che è pura immagine e profitto, che a fatica si concilia con il mettersi in gioco.
In italiano, per definire il fare teatro viene spesso usato il verbo ‘recitare’, inteso anche come sinonimo di fingere. In inglese, tedesco, francese, recitare si esprime con il verbo ‘giocare’. Giocare, mettersi in gioco, essere autentici o per lo meno tendere ad esserlo, in questo il teatro, l’arte, si incontrano con la pedagogia, con la possibilità di crescere in un ambito autentico e non competitivo.
Certamente, il percorso non è privo di difficoltà, e spesso le crisi, inevitabili e necessarie, ci spingono a chiederci perché continuare. Forse la risposta sta nella tensione personale che ci spinge a muoverci, forse è per ognuno diversa e non per tutti necessaria. Ma sicuramente per noi, formare una rete con le persone incontrate sul cammino, con genitori, bambini, insegnanti, con il pubblico, con le associazioni, con pedagogisti, scrittori, attori, e incontrare gruppi come la Rete di cooperazione educativa rappresenta una boccata di ossigeno per permettere al cuore e all’anima di rigenerarsi attraverso scambi e momenti in cui condividere esperienze e poter stare nelle domande.
.
* Teatro Velato |
domenica 4 ottobre 2015
teatro e decrescita
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento