A PAGINA
Pisa, gli affreschi sono di tutti: niente appartamenti a Palazzo Boyl
Manlio Lilli
Archeologo
“Sei anni di inutili impalcature, un palazzo storico abbandonato senza alcuna vergogna, un’impresa malamente fallita e un debito tributario di cui non è dato sapere”, scrivono in una nota i sostenitori de Il Municipio dei Beni Comuni di Pisa, un cartello di associazioni di ambito differente. L’occasione è l’occupazione di Palazzo Grassi-Boyl, sul lungarno, e la possibilità, finalmente di restituire alla città un pezzo della sua storia. “Una finestra si è aperta. La bellezza è di tutte e tutti” si legge sullo striscione sistemato sul balcone al primo piano dell’immobile.
La riapertura, e dunque la nuova fruizione, costituiscono in fondoun tentativo. Quello di contrapporsi ad attori (proprietà e Comune) di una vicenda dai contorni incerti ma dall’esito dichiarato. Più che dichiarato. E’ il 2008 quando il Palazzo di 3000 metri quadrati, messo in vendita dai discendenti degli Agostini Veronesi della Seta, che ne erano entrati in possesso nel 1841, viene acquistato dalla Tognozzi Group. “Una realtà economica solida e indipendente, da più di cinquanta anni competitiva nel settore immobiliare”, si legge nel sito della società. Con queste premesse, l’avvio dei lavori al palazzo una conseguenza naturale. Montante le impalcature, impiantato il cantiere, insomma. Ed è così che si è mostrato ai pisani per anni, durante i quali hanno dovuto fare i conti anche con i problemi derivanti dalle impalcature, in particolare quelle sul lato del Palazzo affacciato su via della Palla Corda. Con la strada sempre più degradata. Fino allo scorso giugno quando la facciata è tornata visibile. Ma non perché le opere fossero terminate, dal momento che nulla era stato fatto. Ogni cosa era come nel 2008. Il motivo, allora? Il dichiarato fallimento, nel marzo scorso, da parte del Tribunale di Firenze della società immobiliare, a quanto pare non così “solida”.
“Sei anni di lavori rimandati su uno stabile di altissimo pregio che oggi vale 7 milioni di euro, e che nella cosiddetta ‘sala nobile’ conserva – si fa per dire – il grande affresco dell’ ‘Olimpo’attribuito ad Annibale Marianini; sei anni di ponteggi che hanno occupato suolo pubblico non pagato; sei anni di incuria e abbandono”, si legge ancora nella nota de Il Municipio dei Beni Comuni. Il Palazzo, ricordato in particolare per i graffiti del XVI secolo restaurati alla fine dell’Ottocento, trasformato in un relitto urbano, sostanzialmente alienato al Patrimonio della città.
Una storia quella di Pisa nella quale sembrano emergere incapacità ed inadeguatezze. Incapacità da parte del Comune di trovare un’opzione differente da quella assicurata dalla Tognozzi Group, per il Palazzo storico. Perché forse è bene sottolineare che il fallimento della Società immobiliare ne ha coltivato indubitabilmente l’incuria e quindi l’abbandono, evitando però che i soffitti cassettonati e l’affresco dell’Olimpo si trasformassero in “prestigiosi” abbellimenti dei nuovi appartamenti. Senza contare che il Comune, da questa operazione che avrebbe privato la città di un suo importante elemento distintivo, non sembra avere tratto neppure l’utile previsto. Dal momento che nulla ha riscosso da parte della Società per la lunghissima occupazione di suolo pubblico. Come confermato anche dall’assessore al Patrimonio del Comune Andrea Serfogli, il quale all’inizio dello scorso settembre, ribadendo lo stato di insolvenza dell’impresa, sosteneva che “Il Comune si è inserito nella procedura come creditore. Speriamo di recuperare il più possibile visto che la cifra è ingente”. Ma per ora nessuna novità.
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Incapacità quindi da parte dell’amministrazione comunale, ma anche inadeguatezza da parte della Soprintendenza ai Beni architettonici di salvaguardare un bene di valore artistico e architettonico dalle mire speculative dei costruttori.
Il lungo abbandono di Palazzo Boyl costituisce una ferita per l’intera città. Non soltanto per i sostenitori del patrimonio storico-monumentale. La sua riapertura, la sua restituzione pubblica, un’occasione forse insperata. Per ripensare al suo utilizzo. Per farne qualcosa di meglio che non appartamenti signorili. Anche perché Pisa, a dispetto di tutto, continua ad essere una città d’arte. Conosciuta per le sue architetture e i suoi affreschi. Anche per questo implementarne la funzione turistica attraverso la valorizzazione del suo Patrimonio è tutt’altro che un trascurabile impegno.
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