venerdì 21 novembre 2014

twiza :il segno del cambiamento di Tunisi

Twiza nel cuore aperto della Medina di Tunisi

by maomao comune
Le sue antiche pareti hanno visto le riunioni dei Sufi, i mistici dell'Islam, l'ansia del primo giorno di scuola di tanti bambini e il riposo dei viandanti. Diventata una semplice abitazione, nella primavera scorsa la zāwiya di Tunisi è stata restituita alla sua funzione sociale dalla passione artistica e culturale di un gruppo di ragazzi tunisini e italiani. L'hanno chiamata Twiza, una parola berbera che indica uno stile di vita basato sulla condivisione e la partecipazione collettiva. Pensano che l'arte sia un modo di vivere da mettere in comune con la gente del quartiere e non da chiudere nei musei. Il nostro stesso nome, dicono, indica un modo di essere diverso rispetto al sistema
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Foto Francesca Oggiano
di Giada Frana
Nel cuore della Medina di Tunisi, svincolandosi tra le varie stradine e bancarelle tipiche delsuq, ci si imbatte in una suggestiva “zāwiya”, un edificio storico in cui i sufi, i mistici dell’Islam, si riunivano, utilizzato anche in funzione di “madrasa”, scuola, o di luogo d’accoglienza per i viaggiatori di passaggio. I primi esempi di zāwiya risalgono al secolo XII: rappresentavano importanti centri della vita sociale.
La zāwiya di Tunisi, utilizzata per diversi anni come semplice abitazione, ora è pronta a diventare di nuovo un punto di riferimento della vita sociale del quartiere, grazie all’intraprendenza e alla voglia di fare di un gruppo di giovani italiani e tunisini. Da maggio l’edificio ospita infatti lo spazio artistico – culturale Twiza.
Twiza è una parola berbera: indica uno stile di vita basato sulla condivisione e sulla partecipazione collettiva. Un nome che calza a pennello per questo luogo, che in pochi mesi, tra diffidenze iniziali e curiosità, è riuscito a diventare quasi un tutt’uno con gli abitanti del quartiere. “Attraverso varie attività artistiche e culturali – mi spiega Simona, da cui è partita l’idea – vogliamo riuscire a coinvolgere quanta più gente possibile in questo progetto, in modo da far diventare Twiza uno spazio vivace per incontrarsi e condividere idee”.
Simona, 37 anni, della provincia di Enna, ha studiato all’Orientale di Napoli e Belle Arti a Londra. Dopo aver viaggiato tra Egitto, Siria, Marocco, Palestina ed Algeria, è approdata a Tunisi per la prima volta nel 2002, per poi ritornarci nel 2011, nei primi mesi post – rivoluzione. Dopo un periodo di pendolarismo tra Londra e Tunisi, da ottobre è stabile in quest’ultima città: “E’ da un po’ di tempo che volevo creare un progetto culturale simile – racconta Simona -, così appena ho avuto l’occasione ne ho parlato con qualche amico e ci siamo messi all’opera. Il luogo l’abbiamo trovato per caso: stavamo cercando da qualche mese uno spazio adeguato e, parlando con un parrucchiere del quartiere, ci ha indicato questa casa. Dalle sue parole sembrava fosse un edificio storico, ma quasi in rovina. Invece quando siamo arrivati, ce ne siamo subito innamorati”.
Da lì, il via all’autofinanziamento tramite crowd funding sul web: grazie alla cifra raccolta, i ragazzi hanno pagato l’affitto per l’edificio e si sono dati da fare per trasformarlo in un luogo ancora più accogliente.
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Foto Francesca Oggiano
Quando varco la soglia della porta della zāwiya, rimango subito affascinata dalle decorazioni della cupola del tetto, e dall’inventiva dei ragazzi nel trasformare lo spazio.Al piano terra si trova uno spazio cottura e due stanze; sbircio all’interno e in quella più piccola è appesa una lavagnetta per le lezioni di lingua. Salendo le scale, in un tripudio di colori si arriva al piano superiore, dove tavolini – con materiali di recupero – materassi e cuscini alla araba sono pronti ad accogliere i visitatori.
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Foto Francesca Oggiano
Pensiamo che l’arte sia un modo di vivere – dice Amadris, 29 anni -, qualcosa da condividere con le persone che abitano il quartiere, non qualcosa che deve stare rinchiusa nei musei. Il nostro stesso nome indica un modo di essere diverso rispetto al sistema”.
Amadris, un master di letteratura inglese alle spalle, è entrato a far parte di Twiza grazie ad un amico, anche lui nel collettivo: “Ha cominciato a parlarmi del progetto e mi è piaciuto. Si viene qui e si fa quello che si può, io suono la chitarra e mi è venuta l’idea di fare dei corsi di tunisino, arabo e chitarra”.
Safae, 22 anni, studentessa di legge, ha invece tenuto un workshop di danza del ventre: “Ho incontrato Ghaith, mi ha detto che avrei potuto dare una mano: mi è piaciuto ed eccomi qui. Questo è un posto dove si può essere se stessi, dove c’è amore, solidarietà e ci si può divertire.
I ragazzi che compongono Twiza sono un mosaico di personalità diverse, ma tutti accomunati dall’idea di mettersi in gioco in prima persona e di fare qualcosa dal basso per promuovere la cultura: oltre a Simona, Amadris e Safae, c’è Ghaith, 24 anni, attore e clown, uno tra i membri più attivi, che ha tenuto laboratori di teatro per i bambini; Aurora, siciliana, studentessa di arabo, conosciuta da Simona alla Bourguiba School (la scuola di arabo frequentata per lo più da italiani, ndr); Rosa, inglese, ex coinquilina di Simona, ora tornata in Inghilterra; Mattia, studente di Scienze politiche, anche lui compagno di corso alla Bourguiba; Aymen, studente di Belle Arti; Tarek, insegnante ed artista; Francesca, fotografa italiana e Rafik, che non lontano da Avenue Bourguiba ha avviato il progetto autogestito “Blech hass”, dove i musicisti tunisini possono registrare le loro creazioni gratuitamente.
Nonostante le diffidenze iniziali – con anziani che storcevano il naso per la loro presenza –Twiza in poco tempo è riuscita a diventare un punto di riferimento per il quartiereal punto che a volte alcune mamme lasciano lì i loro figli, sapendoli in buone mani, ed è capitato anche che alcuni bambini abbiano accompagnato qui un ragazzino di 17 anni di Sidi Bouzid, che stava dormendo per strada, chiedendo qualcosa da mangiare per lui.
Mentre intervisto i ragazzi, è un via vai di persone: alcuni bambini bussano alla porta e chiedono quando ripartiranno i prossimi workshop; e poco dopo entra un uomo, il vicino di casa, che si mette a chiacchierare del più e del meno con loro, proprio nello spirito di solidarietà e di partecipazione collettiva che lo stesso nome – Twiza – contiene.
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Le foto sono di Francesca Oggiano
L’articolo originale è uscito il 4 settembre 2014 sul blog CTRL magazine
Fonte: Tunisia in Red, il sito di informazione, analisi e riflessione per interpretare in modo critico quel che avviene in Medio Oriente e, in particolare, una situazione complessa come quella della Tunisia del dopo Ben Alì.

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