Il 13 ottobre a Parma l’allerta per l’attivazione della fase di preallarme per la piena del torrente Baganza fu comunicata dalla Protezione civile alle 14, ma nessuno in Comune fece nulla per prevenire ed evitare il disastro. È questa l’accusa che arriva dal capogruppo consigliare del Pd Nicola Dall’Olio: “Le disposizioni regionali prevedono che il sindaco, ricevuta la comunicazione, disponga le opportune misure di prevenzione e di salvaguardia della pubblica incolumità”. Ma a Parma, fa notare il consigliere, “diversamente dagli altri Comuni allertati, non succede niente”. Il dito è puntato su Federico Pizzarotti, unico responsabile della Protezione civile, reo di non avere attivato le procedure previste per queste situazioni, come informare la popolazione interessata dal rischio, mandare la polizia municipale a presidiare ponti e strade, adottare le misure ordinarie di prevenzione già utilizzate durante la piena del Baganza del 2000.
Sono passate quasi due settimane dall’alluvione che ha colpito la città ducale, ma le polemiche sul mancato allarme della piena del Baganza non si placano. Su quanto accaduto il 13 ottobre la Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo per disastro colposo, ma per ora non ci sono indagati e si procede contro ignoti. Sotto la lente di ingrandimento però c’è, oltre la mancata realizzazione della cassa di espansione sul torrente, anche il ritardo dell’allerta sul pericolo di esondazione. Un aspetto su cui la minoranza chiede sia fatta chiarezza: “Una normale procedura di prevenzione doveva portare, una volta ricevuto il preallarme, a presidiare immediatamente la zona a rischio – continua Dall’Olio – ad avvertire la popolazione residente e i centri sensibili come l’ospedale, le scuole, le strutture socio-sanitarie e ad approntare misure di messa in sicurezza delle persone, tutte cose che Comuni più piccoli, ma meglio amministrati, hanno fatto quello stesso giorno”.
Il consigliare del Pd Nicola Dall’Olio contro Pizzarotti: “Aveva riceuto l’allarme alle 14″
Il capogruppo del Pd sostiene che l’amministrazione Cinque stelle abbia ignorato la gestione del piano di Protezione civile (che a Parma sarebbe fermo al 2006) e l’adeguamento disposto dalla Prefettura sulle trasmissione dei piani di emergenza, che prevede per le aree a rischio esondazione un censimento delle persone e delle attività esposte al rischio, una procedura di sgombero e dispositivi di allerta acustico visivi. “Questo ­– conclude Dall’Olio – spiega perché il Comune abbia sottovalutato il preallarme e abbia diramato l’allerta presidiando la zona a rischio solo quando l’acqua stava già uscendo dagli argini”.
Ma Pizzarotti racconta un’altra versione dei fatti: è vero che l’avviso di preallerta della Protezione civile regionale riporta l’orario delle 14, ma alla sede della Protezione civile comunale a Parma il messaggio è arrivato quasi un’ora dopo, alle 14,57. Il documento inoltre, spiega Pizzarotti, si riferiva all’attivazione della fase preallarme, che contempla possibili danni alle opere idrauliche, di difesa e di attraversamento vicino all’alveo, e non alla popolazione. Gli addetti ai lavori si sono messi all’opera con operazioni di sorveglianza e monitoraggio del territorio, come per esempio la chiusura del Ponte della Navetta, poi crollato sotto la furia dell’acqua. E poco dopo il Baganza esonda, ma ormai è troppo tardi. “Solo alle ore 16,59, quindi quando già le acque del torrente Baganza avevano invaso la città, è giunta la comunicazione di ‘allerta’ da parte della Agenzia regionale di Protezione Civile, prevista ‘a partire dalle ore 16’ – continua Pizzarotti – Ovviamente, a quel punto, tutte le forze erano in campo. In queste condizioniera assolutamente impossibile, e certamente anche controproducente, attivare un allarme generalizzato fuori tempo massimo, senza neppure conoscere l’evoluzione dello straripamento. Si poteva soltanto di attivare le risorse disponibili per affrontare l’emergenza conclamata. Ed è ciò che è stato fatto”.
Il sindaco: “Il messaggio arrivò alle 14.57 ed era l’attivazione della fase di preallarme”
La scia di polemiche post alluvione riguarda anche Telecom e i disagi dovuti all’allagamento della centralina, che hanno provocato un blackout nelle comunicazioni a linea fissa e mobile nei territori da Piacenza a Modena. Pizzarotti aveva contestato l’operato della società per aver costruito una centralina vicino al letto di un torrente, ma Telecom non l’ha presa bene, tanto da minacciare querela nei confronti del primo cittadino Cinque stelle. “Non avevamo ricevuto alcun avviso di preallerta – spiega l’azienda in una nota – circostanza confermata da più enti del territorio. Pizzarotti ci denigra, sino a sfiorare la diffamazione. Leesternazioni del sindaco, del tutto gratuite e non circostanziate, hanno leso ingiustamente la reputazione di Telecom Italia, che come società quotata in Borsa è tenuta a reagire in ogni sede per la tutela dei propri diritti e interessi”.
Telecom però dovrà a sua volta rispondere alle associazioni di consumatori, che si stanno già organizzando con denunce e ipotesi di class action. Confconsumatori ha presentato un esposto all’Agcom per fare chiarezza sui disservizi nei primi giorni dell’alluvione, mentre Federconsumatori ha chiesto l’apertura di un tavolo di confronto con l’azienda per avere risposte sui disagi subiti.